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Pantufla.
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VERRA' LA MORTE E AVRA' I TUOI OCCHI
"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti."
Canto malinconico e disperato, un' "ode alla morte" gridata da chi non ha più la speranza di riemergere dal vuoto dell'esistenza.
Pavese lancia un ultimo "grido taciuto": efficacia dell'ossimoro nel raccontare l'assenza di spirito vitale. E lo specchio, immagine di narcisismo, diventa il riflesso di un destino al quale non ci si può sottarre: "per tutti la morte ha uno sguardo".
Una poesia dallo spirito leopardiano, pari all'opera del Poeta di Recanati nel trasmettere quel senso di debolezza e di amarezza di fronte alla vita: "perchè di tanto inganni i figli tuoi?". Domande, tante domande. Nessuna risposta.
"O cara Speranza, sei la vita e sei il nulla".
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