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Pantufla.
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TACI, ANIMA STANCA DI GODERE
"Taci, anima stanca di godere
e di soffrire (all'uno e all'altro vai
rassegnata).
Nessuna voce tua odo se ascolto:
non di rimpianto per la miserabile
giovinezza, non d'ira o di speranza,
e neppure di tedio.
Giaci come il corpo, ammutolita, tutta piena
d'una rassegnazione disperata.
Non ci stupiremmo,
non è vero, mia anima, se il cuore
si fermasse, sospeso se ci fosse il fiato...
Invece camminiamo, camminiamo
io e te come sonnambuli.
E gli alberi son alberi, le case sono case, le donne
che passano son donne, e tutto è quello
che è, soltanto quel che è.
La vicenda di gioia e di dolore
non si tocca. Perduto ha la voce
la sirena del mondo, e il mondo è un grande
deserto.
Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso."
Di pochi anni antecedente a Montale, ma come lui ligure e perennemente alla ricerca di un senso nel rincorrersi dei giorni e nello scorrere di un'esistenza vuota e disperata, Sbarbaro racconta con questi versi la sua disposizione di fronte alla realtà. Dialogando la propria anima, non trova altro che rassegnazione e sconforto e l'impossibilità di agire o reagire a qualunque sollecitazione esterna. Muta ad inerte, l'anima non esprime più alcun sentimento vitale, nè per il passato (il rimpianto), nè per il futuro (la speranza). Nell'impossibilità di comunicare con esso, anche il mondo che circonda il Poeta diventa immobile ed arido, un deserto al quale guardare con occhi asciutti, che non sanno più neppure piangere.
Null'altro resta che un ultimo sguardo a se stesso e al proprio male di vivere.
"Una delle poesie su cui i letterati non possono dissertare a lungo...una di quelle poesie che a capirle basta il cuore e l'aver vissuto"(G. Boine).
Edited by Pantufla - 25/4/2006, 08:12.