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Pantufla.
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"San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!"
Il dolore umano cerca sempre di aggrapparsi alla speranza: può essere l'attesa di un ritorno o l'apertura di un varco verso una vita nuova, diversa. Ma al dolore più grande l'Uomo non sa rispondere se non con un vano "perchè?".
Il Cielo così fedele amico, il Cielo fatto uomo che avrebbe dovuto redimere per sempre dal Male, il Cielo colmo di stelle: quel Cielo con lo strappo della morte diventa assente, "alto, sereno, infinito, immortale". Attraverso le mani del padre morto il Poeta addita il Cielo in attesa di una risposta, ma Esso piange il suo freddo e lontano dolore solo con l'amara bellezza di una cascata di stelle.
Nessuna Speranza per quest'atomo opaco del Male.
Pantufla
Edited by Pantufla - 7/2/2006, 09:45.