LIBRI & POESIA: EMOZIONI SENZA TEMPO

Orlando Andreucci e Simonetta Bumbi: notediparole

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  1. Edizioni Smasher_PR
     
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    andreuccibumbinotedipar

    Orlando Andreucci
    Nasce a Roma il 07 giugno 1947. Artisticamente a 45 anni, e quasi per gioco.
    E' il cantautore per eccellenza: nessuna fretta di coinvolgere, nessuna fretta di apparire.
    Con la sua voce bussa timidamente per poi appropriarsi di spazi che l'ascoltatore non credeva di avere. Il suo timbro, profondo ed accogliente, si identifica nel tempo che trascorre, e le parole sono tracce di passi che, come in un rewind, possono appartenere a tutti.
    Con disarmante semplicità, e notevole efficacia, riesce ad armonizzare i generi più svariati, senza temere che essi possano tra loro contraddirsi. Ecco, allora, ritmi brasiliani viaggiare in compagnia della migliore tradizione melodica ed a tratti anche lirica italiana. Sottilissime e persistenti venature di jazz (di cui Andreucci è profondo conoscitore) ritroviamo ad attestare una D.O.C. sulla sua musica.
    Come un artigiano che, pezzo di legno dopo pezzo di legno, chiodo dopo chiodo, costruisce qualcosa di bello e di utile, ci regala CD d'autore:
    - FATTI E PAROLE (1998)
    - FUORI ORARIO (2003)
    - ISTINTO DI CONSERVAZIONE (2008)


    simonetta bumbi
    simonetta nasce a roma il 28 settembre del 1958. prende il cognome bumbi dopo tre giorni. dopo ventidue anni ne prende un altro. e dopo quarantasette non si chiama più.
    non ama le maiuscole, fanno la differenza fra tutto, specialmente tra le persone, ma le usa quando scrive di Lui (Dio).
    per gli amici è simy: occhi di pelle, e pelle rivestita d'anima.
    ha pubblicato altro, ma scopritelo voi, cosa, se vi va…

    fine.

    Spazi web Orlando Andreucci
    Sito Ufficiale
    Management

    Spazi web Simonetta Bumbi
    Blog
    Facebook.

    A proposito di "notediparole"

    Prefazione di Giancarlo Mei

    Tutti i viaggi, quelli fisici così come quelli dell'animo, hanno un loro ritmo particolare, una cadenza che in un secondo tempo è sempre possibile filtrare attraverso una rielaborazione artistica, sia essa musicale, letteraria, pittorica, fotografica o cinematografica. La scelta di toni, modi e forme da usare per la riproposizione del viaggio, naturalmente, è esclusiva competenza dell'autore e strettamente dipendente sia dalla sua ispirazione interiore che dai mezzi tecnici che egli padroneggia. Capire l'andatura, il tipo di sguardo da adottare per lasciarsi catturare, invece, è un gioco a due, tra il fruitore e l'ideatore di quel percorso. Quello contenuto in questo piccolo volume (libro + cd) di Simonetta Bumbi e Orlando Andreucci, è però un viaggio a duplice, anzi forse a molteplici velocità e dunque necessita di un doveroso preambolo. Bumbi e Andreucci sono due artisti che producono senza troppi eccessi autocelebrativi, diversi tra di loro per formazione, esperienza umana ed obiettivo espressivo. Sono una scrittrice e un musicista che, non solo per la ovvia diversità del veicolo linguistico da loro scelto, possono dirsi per certi versi antitetici, perlomeno nello stile e nei toni. L'una è vivida, virulenta e inventiva, al punto da forgiare un percorso contenente un'idea quasi futuristica della scrittura, spesso proposta in modo graficamente provocatorio, e asservita a ricomporre disperatamente brandelli di vita appartenuti al proprio passato o ancora a scattare istantanee d'un universo quotidiano ansiogeno. L'altro, per contro, è pacato, austero, quasi socratico nel suo rifarsi a un cantautorato classico, sobrio nel telaio voce e chitarra, debitore di formule, progressioni e armonizzazioni universalmente comprensibili e veicolate senza regionalismi; in parole povere un prodotto inaccettabile per un mercato musicale ormai insensibile verso chi produce arte per la bellezza della stessa; soprattutto se – come nel caso di Andreucci – non si ha nessuna intenzione di vendere anche “un personaggio”, un'immagine assieme alla propria creatività. Tanto sarà così lacerante per il lettore l'approccio con la prosa della Bumbi, in gran parte debitrice dei crismi del linguaggio parlato, anzi del linguaggio pensato a briglia sciolta per un blog (fucina di parole che la signora utilizza ormai da anni come escavatrice per il proprio animo), quanto piacevole e rilassante lo sarà l'ascolto del verbo composto ed organico di Andreucci, votato ad una poesia che tende al bello e all'armonico, e che rispetta quanto di buono c'è nei risvolti dell'arte strettamente musicale, pur accarezzando elegantemente la saggezza del pensiero. Dette le differenze, o meglio i contrasti interni di cui vive il loro volume di parole e note, ne va subito chiarita la forza complessiva. Gli autori provengono dallo stesso luogo geografico, Roma, e tra di loro c'è solo una leggera differenza anagrafica. Entrambi producono suoni e pensieri semplicemente perché sono vivi, forti di esperienze variegate alle spalle. Raccontano storie, tutte quelle che la vita finora ha offerto loro, senza remore o timidezze. Due viaggiatori che dunque hanno deciso di strappare qualche pagina dai taccuini di appunti, poi le hanno messe insieme, costruendo un percorso parallelo. Lo hanno fatto non per confondere le idee o per impacchettare quanto prodotto autonomamente con una trovata editoriale. In questa scelta, semmai, più che la voglia di ammaliare il mondo esterno, c'è il desiderio di confrontarsi artisticamente su temi comuni, il piacere di capirsi meglio tra di loro, di riuscire ufficialmente a dire che entrambi stanno compiendo la stessa ascesa; ed è indubbio che, pur se impegnata da due pareti diverse, la vetta scalata dai due è effettivamente la stessa. Dieci le canzoni di Andreucci registrate durante un intenso concerto romano; una originariamente tratta dal suo primo album, quattro dal secondo, una dal terzo. In aggiunta anche quattro composizioni inedite. Tutto è eseguito alla chitarra, accompagnato da una swingante fisarmonica (Primiano di Biase) e da un contrabbasso elegante (Ermanno Dodaro). Una melodiosità mediterranea viene asservita alla libera reinvenzione di accenti e ritmi del linguaggio afroamericano, del jazz, di formule prese senza troppa filologia dalla canzone brasiliana, inseguendo i contorni di una canzone ricca ma sempre elaborata in sottraendo, piena di piccole ma significative sfumature (percorso ben descritto nella programmatica Libero). Dieci anche i viaggi di pensiero della Bumbi, redatti perfezionando lo stile già messo in campo nel libro da lei pubblicato in precedenza (Iostoconletartarughe, Ed. Smasher 2009). Come detto, tra i due protagonisti l'unico patto concordato è stato quello dei temi, titoli scelti per contenere e organizzare i pensieri dell'uno e dell'altro. I risultati emersi dal loro lavoro non potrebbero essere più eterogenei, sia nel contenuto che nella forma. Storie nate da incontri, da letture, dalle piccole verità di tutti i giorni, quelle di Andreucci; spigolature scomposte che pescano nel fondo dell'animo, quelle della Bumbi. Lui, col suo canto rugoso e notturno, impeccabile nella dizione, sfronda argomenti esistenziali e analizza l'universale offrendo paradigmi di pensiero che fanno sentire più forti, che danno sicurezza, anche quando descrivono esperienze malinconiche o drammatiche. La Bumbi, al contrario, palesa il caos che l'ha forgiata e si immerge nel proprio personale, tentando di farne paradigma comprensibile, magari persino utile a chi ci si imbatte. I suoi pensieri fluttuano nel limbo di una scrittura libera, senza lettere maiuscole o punteggiatura canonica, senza apparente distinzione tra frasi dense, ponderate e pensieri volatili, estemporanei, onirici. Tanto l'uno è denso, attento e scrupoloso nella ricerca del suono e dell'impasto con le parole, del rimando reciproco a una tradizione musicale nobile quale quella del veicolare poesia in musica, tanto l'altra è irruenta, imprendibile, sincera fino al paradosso di rivivere con parole feroci e fuori dai denti un percorso personale costellato di sopraffazione e masochismo, di bocconi amari e scelte drammaticamente viziate dall'inesperienza d'un tempo. Nelle sue poesie in prosa, anche quando non sceglie la provocazione dei fatti e delle parole scelte con brutalità (ma spesso accade), la Bumbi gioca con brandelli di eventi privati, li vela appena, ma poi lascia comunque le vene aperte, squarciate, permettendo che l'odore del sangue impregni la pagina. Il lettore è coinvolto con sapienza, reso spettatore ma mai invitato a giustificare gli avvenimenti con uno stratagemma per farsi piangere addosso. Lo scopo della scrittura per lei non è cercare compassione, piuttosto vomitare fuori il male, per non sentirlo più borbottare, ribollire nello stomaco, trovando il modo di lenire quella presenza ancora inevitabilmente dolorosa. Sono diversi Bumbi ed Andreucci, diversissimi eppure compatibili. Due comunicatori che hanno scelto di aggrapparsi l'uno all'altro per violentare a quattro mani i cinque sensi del fruitore. Il difficile, per chi li legge e li ascolta, sarà tenere sotto controllo le proprie vibrazioni. Ma in fondo è proprio ad allenare un po' alla volta la capacità di viaggiare nello spazio e nel tempo, a suggerire al fruitore come gestire il ritmo della vita, che servono da sempre la scrittura, la musica e la poesia.

    Se siete interessati a questo libro, vi consiglio di consultare la scheda sul sito delle Edizioni Smasher (Clicca qui).
     
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