LIBRI & POESIA: EMOZIONI SENZA TEMPO

DESOLAZIONE DEL POVERO POETA SENTIMENTALE

Sergio Corazzini

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  1. Pantufla
     
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    Desolazione del povero poeta sentimentale
    "Perché tu mi dici: poeta?
    Io non sono un poeta.
    Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
    Vedi: non ho che le lagrime da offrire al Silenzio.
    Perché tu mi dici: poeta?

    Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
    Le mie gioie furono semplici,
    sempilci così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
    Oggi io penso a morire.

    Io voglio morire, solamente perché sono stanco;
    solamente perché i grandi angioli
    su le vetrate delle cattedrali
    mi fanno tremare d'amore e di angoscia;
    solamente perché, io sono, oramai,
    rassegnato come uno specchio,
    come un povero specchio melanconico.
    Vedi che io non sono un poeta:
    sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.

    Oh, non meravigliarti della mia tristezza!
    E non domandarmi;
    io non saprei dirti che parole così vane,
    Dio mio così vane,
    che mi verrebbe da piangere come se fossi per morire.
    Le mie lagrime avrebbero l'aria
    di sgranare un rosario di tristezza
    davanti alla mia anima sette volte dolente
    ma io non sarei un poeta;
    sarei semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo
    cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme.

    Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù.
    E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
    poichè senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio.

    Questa notte ho dormito con le mani in croce.
    Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo
    dimenticato da tutti gli umani,
    povera tenera preda del primo venuto;
    e desiderai di essere venduto,
    di essere battuto
    di essere costretto a digiunare
    per potermi mettere a piangere tutto solo,
    disperatamente triste,
    in un angolo oscuro.

    Io amo la vita semplice delle cose.
    Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco,
    per ogni cosa che se ne andava!
    Ma tu non mi comprendi e sorridi.
    E pensi che io sia malato.

    Oh, io sono veramente malato!
    E muoio, un poco, ogni giorno.
    Vedi: come le cose.
    Non sono, dunque, un poeta:
    io so che per esser detto: poeta, conviene
    viver ben altra vita!
    Io non so, Dio mio, che morire.
    Amen."



    Questa lunga poesia è forse il testo più conosciuto di Sergio Corazzini, quello che non manca dalle Antologie perchè è anche quello che descrive nel modo migliore la sua poetica.
    Le parole di Corazzini arrivano con immediata chiarezza alla sostanza del concetto: non chiamarmi poeta, io non sono che "un povero fanciullo che piange". Lacrime di tristezza che impregnano ogni verso e che culminano con l'espressione di un estremo desiderio di liberazione dal dolore dell'anima: "Io non so, mio Dio, che morire".
    Non credo che questi versi abbiano bisogno di più commenti: dicono tutto con semplicità e naturalezza e non mancano certo di suscitare forti emozioni.
    Bellissima!
     
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0 replies since 5/5/2006, 11:01   366 views
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