LIBRI & POESIA: EMOZIONI SENZA TEMPO

A SE STESSO

Giacomo Leopardi

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  1. pianista
     
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    A se stesso

    Or poserai per sempre,
    Stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
    Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
    In noi di cari inganni,
    Non che la speme, il desiderio è spento.
    Posa per sempre. Assai
    Palpitasti. Non val cosa nessuna
    I moti tuoi, nè di sospiri è degna
    La terra. Amaro e noia
    La vita, altro mai nulla; e fango è il mondo
    T'acqueta omai. Dispera
    L'ultima volta. Al gener nostro il fato
    Non donò che il morire. Omai disprezza
    Te, la natura, il brutto
    Poter che, ascoso, a comun danno impera
    E l'infinita vanità del tutto.


    Un Canto non tra i più famosi, ma che merita di essere conosciuto per l'originalità. Non più la ricerca del "vago ed indefinito", non più la descrizione di un idillio come incantevole rappresentazione paesaggistica, non più lo stile scorrevole e musicale animano questo Canto, tra gli ultimi della produzione leopardiana, ma l'anti-idillio, la frammentazione del periodo, le lapidarie allitterazioni delle p e delle t, l'assenza di uno spazio, il predominio di un tempo compiuto quale è il passato remoto a discapito dell'imperfetto - il tempo del ricordo. Perì. Un verbo che racchiude in sé tutta la sua potenza.
    La vita perde di significato; non solo si perde la speranza, ma persino il desiderio degli inganni dell'amore; il battito del cuore non ha più senso, né il mondo può offrire speranza di consolazione; l'unico dono resta la morte.
    L'arido vero, la morte dell'ultima illusione -l'amore, che egli riteneva eterna- ispirano l'intera poesia e l'amara riflessione finale sull'esistenza:

    l'infinita vanità del tutto.



    Quante volte abbiamo (o meglio HO) condiviso questi versi in preda alla disperazione!
    (cominciamo in allegria...!)
     
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3 replies since 28/2/2008, 16:00   203 views
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